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Novità in materia di mediazione civile

Il 30 giugno 2023 sono entrate in vigore le disposizioni del D. Lgs. 149/22 (cd. Riforma Cartabia) relative alla mediazione civile e commerciale.
La mediazione civile e commerciale è un procedimento di risoluzione alternativa delle controversie, introdotto in Italia con il D. Lgs. 28/2010, che si svolge presso un organismo accreditato dal Ministero dove un terzo imparziale (il Mediatore) aiuta le parti, assistite necessariamente dai rispettivi difensori, a trovare un accordo senza dover ricorrere all’Autorità Giudiziaria.

In alcune materie il tentativo di mediazione è obbligatorio ed è condizione necessaria per procedere poi con l’eventuale causa in Tribunale (ad esempio, in materia di contratti assicurativi e bancari, diritti reali, successioni, condominio, locazione e comodato ecc…).

La cd. Riforma Cartabia, che ha in parte ridefinito e modificato il procedimento di mediazione, ha esteso le materie per cui la mediazione è obbligatoria, ricomprendendoVi i contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.

Tra le novità più significative della Riforma Cartabia, in materia di mediazione, vanno però evidenziate quelle di natura fiscale, che comportano importanti benefici economici per le parti che decidono di andare in Mediazione.

E’ stato infatti previsto che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, mentre il verbale contenente l’accordo di conciliazione e’ esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 100.000,00 euro, altrimenti l’imposta e’ dovuta per la parte eccedente.
Quest’ultima previsione risulta economicamente molto conveniente per le parti soprattutto nei casi in cui in sede di accordo di mediazione vengono disposti trasferimenti immobiliari, ad esempio in materia di successione ereditaria, di accordo tra coniugi, ecc…

Inoltre, qualora venga raggiunto l’accordo, alle parti e’ riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennita’ corrisposta all’Organismo di Mediazione, fino alla concorrenza di euro 600,00.
Nei casi di mediazione obbligatoria o demandata dal Giudice, è altresì riconosciuto alle parti un ulteriore credito di imposta commisurato al compenso corrisposto al proprio avvocato per l’assistenza nella procedura di mediazione, sempre fino alla concorrenza di euro 600,00.

Assegno di divorzio e sacrifici del coniuge

Assegno di divorzio e sacrifici del coniuge: il caso “Berlusconi Lario”

La pubblicazione della recente pronuncia sul “Divorzio Berlusconi – Lario”, con cui la Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 30/08/2019, n. 21926) ha confermato la decisione emessa dalla Corte d’Appello di Milano di revocare l’assegno di divorzio da 1 milione e 400 mila euro mensili stabilito dal Tribunale di Monza a favore dell’ex moglie, consente di fare il punto sulle prime applicazioni concrete del nuovo orientamento interpretativo espresso in materia di assegno divorzile dalla Suprema Corte con la ormai nota sentenza n. 18287/2018.

Nella decisione sul “Divorzio Berlusconi – Lario”, la Corte di Cassazione ha in particolare dato rilievo al patrimonio personale, composto anche da immobili e gioielli di ingente valore, che la moglie si sarebbe formata nel corso della ventennale vita matrimoniale, attingendo unicamente alle risorse economiche del marito.

Secondo i Giudici della Suprema Corte l’entità di tale patrimonio, in grado di farle vivere “in agiatezza” il divorzio, sarebbe tale da compensare anche i sacrifici fatti dall’ex moglie in ambito professionale.

La Suprema Corte ha invero precisato che “le varie acquisizioni economico patrimoniali pervenute alla ricorrente durante il matrimonio hanno compensato anche il sacrificio delle sue aspettative professionali”. Nel suo ricorso in Cassazione la ricorrente aveva infatti sottolineato di aver “rinunciato in giovane età alla carriera di attrice per dedicarsi interamente alla casa, alla famiglia e all’allevamento dei tre figli”.

Dopo l’intervento delle Sezioni Unite ed in linea con l’orientamento sopra espresso della Corte di Cassazione, la giurisprudenza di merito ha, a sua volta, confermato che per il riconoscimento di un assegno divorzile in capo al coniuge richiedente è necessario che venga provato un rilevante divario nella situazione economica delle parti e che tale divario sia conseguente al sacrificio delle aspirazioni professionali compiuto dal coniuge durate il matrimonio, sempre che tale sacrificio abbia contribuito alla formazione o all’aumento del patrimonio dell’altro coniuge (cfr. sul punto Tribunale di Bologna, sentenza n. 1432 del 14/06/2019; Corte d’Appello di Napoli, 10/01/2019; Tribunale di Treviso, 8/01/2019; Fam. e Dir. n. 8-9, 1/08/2019).

La Corte d’Appello di Napoli, ad esempio, in applicazione dei suddetti principi, ha rigettato la domanda di assegno divorzile in un caso in cui, seppur in presenza di un marcato squilibrio fra la situazione patrimoniale e reddituale dei coniugi, tale divario non era risultato causalmente riconducibile ad alcun sacrificio fatto dal coniuge a favore della famiglia, poiché, nonostante la lunga durata del matrimonio (25 anni), entrambe le parti avevano già compiuto prima del matrimonio le rispettive scelte professionali e dall’unione non erano nati figli (cfr. Corte d’Appello di Napoli, sentenza 10/01/2019).

E’ possibile sul punto consultare il nostro approfondimento su assegno di divorzio e disparità economica tra i coniugi e la pagina del sito dedicata a Separazione e divorzio.

Assegno divorzio e disparità economica coniugi

Assegno di divorzio e disparità economica tra i coniugi

Alla luce della sentenza n. 18287/2018, con cui la Corte di Cassazione, a Sezione Unite, è intervenuta sul tema dell’assegno divorzile, l’accertamento preliminare sull’esistenza di una significativa disparità economica, reddituale e patrimoniale tra i coniugi al momento del divorzio, costituisce presupposto per l’eventuale riconoscimento dell’assegno.

La Corte di Cassazione ha, infatti, offerto una rilettura delle norme contenute nell’art. 5 della legge sul divorzio (Legge 898/70), orientata a riconoscere all’assegno di divorzio diverse funzioni, tra cui quella assistenziale, qualora un coniuge si trovi del tutto sprovvisto di redditi o mezzi autonomi, e quella perequativa – compensativa, volta a compensare il contributo dato da uno dei coniugi alla famiglia, sacrificando le proprie aspettative professionali, e grazie a cui l’altro abbia potuto incrementare la propria capacità lavorativa e di reddito.

In particolare la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini della valutazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno di divorzio, il Giudice deve condurre un giudizio unitario, accertando preliminarmente l’esistenza e l’entità di uno squilibrio, determinato dal divorzio, tra i mezzi a disposizione di entrambi i coniugi, e, di seguito, in che misura tale eventuale squilibrio sia dipendente dalle scelte di conduzione di vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il conseguente sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti.

Secondo le Sezioni Unite il predetto giudizio deve comporsi di tre momenti fondamentali: il primo volto all’accertamento dell’eventuale esistenza ed entità dello squilibrio patrimoniale tra i coniugi; il secondo attinente all’accertamento del nesso causale tra tale eventuale disparità e gli indicatori previsti dalla legge; il terzo volto a determinare l’importo perequativo-compensativo dell’assegno nel caso concreto.

Con la sentenza n. 1432/2019, il Tribunale Civile Di Bologna recepisce tale orientamento, sancendo l’insussistenza del diritto all’assegno divorzile nei casi in cui manchi una “effettiva disparità economica – patrimoniale tra le parti, tale da giustificare l’attribuzione ad uno degli ex coniugi di un emolumento economico per solidarietà post – coniugale”.

Nel caso in esame, invero, il Tribunale aveva accertato che entrambi i coniugi, ormai pensionati, erano gravati da numerosi debiti assunti in costanza di matrimonio, con la conseguenza che la situazione economica e patrimoniale delle parti appariva sostanzialmente equivalente.

Per tale motivo, “in assenza di un apprezzabile squilibrio”, che veda uno dei coniugi “in posizione significativamente deteriore, manca il presupposto fondamentale ed imprescindibile per riconoscere in favore dell’attrice un emolumento economico da parte dell’ex coniuge”.

In allegato il testo integrale della sentenza. E’ inoltre possibile consultare il nostro approfondimento Assegno di divorzio e sacrifici del coniuge: il caso “Berlusconi Lario”, nonchè l’area tematica Separazione e divorzio.